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Provvigione dovuta anche se l’affare è concluso da persone diverse

Pubblicato da Dino De Filippo sopra 1 Giugno 2018
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A norma dell’art. 1755 cod. civ., il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento. Nel caso in cui l’affare sia concluso tra parti diverse da quelle cui è stato proposto, è ugualmente dovuta la provvigione in favore del mediatore? A questa domanda risponde la Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, con la sentenza 16 marzo 2018, n. 6552. Con la sentenza in commento la Suprema Corte è intervenuta sul tema relativo ai presupposti che fanno sorgere il diritto del mediatore alla provvigione ed in particolare sull’interpretazione dell’art. 1755 c.c. Come noto, tale disposizione normativa al primo comma riconosce il diritto del mediatore alla provvigione in tutti i casi in cui l’affare sia concluso per effetto del suo intervento. La questione affrontata dalla Suprema Corte concerne tuttavia l’eventuale diritto del mediatore alla provvigione anche nel caso in cui nella stipulazione del contratto colui il quale si è avvalso dell’intermediazione venga sostituito da un altro soggetto. Nel caso in esame, in particolare, colui il quale aveva dato incarico alla società immobiliare di reperire acquirenti per la propria tenuta era deceduto e, nonostante ciò, il contratto di compravendita veniva comunque concluso dagli eredi, i quali, essendosi rifiutati di provvedere al pagamento della provvigione, venivano quindi convenuti in giudizio dal titolare dell’immobiliare. Il Tribunale di Perugia aveva inizialmente accolto la domanda del titolare dell’immobiliare, decisione che veniva successivamente riformata dalla Corte di Appello di Perugia, la quale aveva condannato il titolare dell’immobiliare alla restituzione di quanto percepito a titolo di provvigione. Il titolare dell’immobiliare proponeva quindi ricorso per Cassazione deducendo, inter alia, la violazione di legge e/o la falsa applicazione degli articoli 1754 e 1755 c.c. e ciò in quanto la Corte di Appello di Perugia avrebbe ritenuto fondata l’eccezione di insussistenza del diritto del ricorrente alla provvigione poiché l’affare sarebbe stato concluso da soggetti diversi da quelli posti in relazione dall’attore. Con l’interessante pronuncia in commento, la Suprema Corte, investita della questione, precisa come nel caso di specie vada verificato se siano tenute alla provvigione le parti poste in relazione dal mediatore anche se sono diverse da quelle che hanno poi concluso l’affare. In particolare, la sentenza in commento, nel ripercorrere l’orientamento consolidato secondo cui il diritto alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, fa un passo in avanti, sino a giungere a ritenere che la condizione sottesa al diritto alla provvigione sia l’identità dell’affare proposto con quello concluso. Partendo da tale presupposto, i Giudici di legittimità precisano quindi che il diritto alla provvigione non possa ritenersi escluso nel caso in cui le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione del contratto e ciò in quanto il diritto alla provvigione non consegue alla conclusione del negozio giuridico, bensì dell’affare ovvero dell’operazione di natura economica che genera un rapporto obbligatorio fra le parti1 e che può consistere anche in più atti strumentali, tutti diretti alla realizzazione di un unico interesse economico. Secondo i Giudici della Suprema Corte, quindi, ciò che rileva ai fini del sorgere del diritto del mediatore alla provvigione è che vi sia identità fra affare proposto e concluso, ipotesi che non può ritenersi esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione conclusiva. La decisione in commento, pur confermando un orientamento già consolidato secondo cui ciò che rileva ai fini del sorgere del diritto del mediatore alla provvigione è che vi sia identità fra affare proposto e concluso2 , fornisce un’interpretazione più ampia dell’art. 1755 c.c., di fatto consentendo al mediatore di rivendicare il proprio diritto alla provvigione anche nei confronti di un soggetto diverso da colui il quale ha conferito l’incarico. Si tratta di una decisione che segna una svolta importante nell’orientamento assunto dalla giurisprudenza sul tema, poiché la Suprema Corte, pur riconoscendo come ad essere debitore della provvigione resti solo la parte originaria del rapporto, come affermato dai medesimi giudici di legittimità in precedenti pronunce3 , riconosce il diritto del mediatore a rivendicare il pagamento della provvigione anche nei confronti degli eredi ove gli stessi abbiano portato a compimento l’affare per il quale il de cuiusaveva originariamente conferito mandato. E’ evidente quindi come la pronuncia in commento vada ad inserirsi nell’ambito di un quadro giurisprudenziale particolarmente favorevole alla posizione del mediatore, il quale vede riconosciuto il proprio diritto alla provvigione anche laddove colui il quale ha effettivamente conferito l’incarico sia venuto a mancare e dell’attività di intermediazione abbiano giovato gli eredi. 1 Cass. 25 ottobre 2010, n. 21836 in Mass. Foro it. 2010, col. 949 che precisa come ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, per affare deve intendersi qualsiasi operazione di natura economica, sufficientemente individuata nella sua consistenza storica, generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti. 2 Cass. 20 ottobre 2004, n. 20549. 3 Cass. 24 aprile 2015, n. 8407 in Guida al diritto 2015, 25, 88 e Cass. 28 giugno 2001, n. 8850 in Giustizia Civile Massimario 2001, p. 1288. (Altalex.it)

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