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VUOI VENDERE E NON RIESCI ? ECCO IL METODO ALTERNATIVO USATO IN TUTTO IL MONDO , IL RENT TO BUY

Pubblicato da Dino De Filippo sopra 18 Novembre 2014
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TUTTO CIÒ CHE C’È DA SAPERE SUL “RENT TO BUY”: NOVITÀ E CHIARIMENTI.

La novità

– Da un po’ di tempo si sente parlare dell’istituto giuridico del “Rent to Buy” come strumento utile per agevolare la vendita di immobili, in particolar modo da costruttori a privati, in tutti i casi, sempre più frequenti, in cui un futuro acquirente non abbia la provvista per l’acquisto dell’immobile e non riesca ad ottenere un mutuo tradizionale da una banca per mancanza di requisiti. Si tratta palesemente di un istituto a cui ci si aggrappa in un momento di crisi per movimentare un mercato ormai prossimo al blocco totale.

Che cos’è il “Rent to Buy”

Cerchiamo di capire che cos’è, lasciando, cortesemente, da parte sia il fascino della terminologia inglese sia i decantati vantaggi che essi avrebbero nel mondo anglosassone. Siamo in Italia, e ogni contratto, ancorché certamente lecito in base al nostro principio dell’autonomia negoziale delle parti, deve fare i conti col nostro sistema, col nostro ordinamento, con la nostra giustizia.

Il “Rent to Buy” consiste in due contratti collegati, e stipulati contemporaneamente.

Un contratto di vendita rateale, con il quale l’acquirente si impegna a pagare il prezzo al venditore in un certo numero di anni e col pagamento di un certo numero di rate mensili di importo prestabilito. È un po’ un mutuo alla rovescia, con il quale il venditore concede l’appartamento e accetta di essere pagato frazionatamente. All’inizio del “mutuo” si stipula un contratto preliminare, registrato e trascritto dal notaio, che assicuri all’acquirente la tutela nei confronti del venditore, e in particolare da sue eventuali e malaugurate sfortunate vicende personali e imprenditoriali.
Poi un contratto di locazione, che giustifichi la concessione del possesso dal venditore all’acquirente, in base al quale l’acquirente, ancorché titolare di un futuro diritto all’acquisto al momento in cui avrà pagato tutte le rate, può utilizzare da subito l’immobile come un normale locatario, pagando un normale canone standard.
In pratica la somma totale che mensilmente il promissario acquirente paga prende due direzioni diverse. Una a compenso della locazione, l’altra a sconto del prezzo di vendita.

Finalità e cautele

Le finalità del nuovo istituto che, i suoi estimatori valorizzano come decisive è quello della “leva finanziaria”, e cioè permettere all’acquirente di crearsi uno “storico creditizio” finalizzato a migliorare la propria posizione nei confronti del sistema bancario per ottenere un mutuo con più facilità, e a migliori condizioni di mercato, oppure per pagarsi integralmente il costo dell’appartamento in un tempo più o meno lungo.

L’idea sarebbe che dopo un periodo di regolare pagamento dei canoni il sistema bancario sarebbe più propenso a concedere un mutuo che verrebbe utilizzato per chiudere definitivamente la transazione.
Nel frattempo l’acquirente sarebbe tutelato quanto alla sua proprietà privata dal preliminare registrato e trascritto che lo cautelerebbe dalle vicende del venditore, e quanto al suo possesso sarebbe cautelato dal regolare contratto di locazione standard con le relative protezioni di legge.
Il venditore sarebbe tutelato dalla circostanza che nel caso in cui l’acquirente smetta di pagare canone e/o pagamento rateale del prezzo di acquisto non perde la proprietà, che è ancora sua perché non è stata trasferita, sicché possa ottenere l’immobile liberandolo dall’acquirente e trattenendo quindi sia le somme versate a titolo di caparra o acconto del prezzo, sia le somme versate a titolo di locazione.
Peculiarità del sistema bancario italiano
Noi non riteniamo affatto che questo istituto sia percorribile nel nostro paese. Innanzitutto per quanto riguarda i decantati vantaggi. Il nostro sistema bancario ha prassi diverse per la concessione del mutuo, e comunque non ha di fatto quella regola consistente nella “leva finanziaria” che costituirebbe il vantaggio del nuovo contratto e che sarebbe rilevante nei paesi anglosassoni.
L’istituto bancario italiano non concede il mutuo per la sola presenza di un aspirante mutuatario solerte e virtuoso che dimostra di aver pagato puntualmente anche per lungo tempo tutte le sue rate, né lo concede perché l’aspirante mutuatario, in qualità di promissario acquirente, ha già versato una somma considerevole per l’acquisto dell’immobile, tanto da richiedere una erogazione inferiore al valore dell’appartamento.
La valutazione del rapporto tra garanzia ipotecaria e mutuo da erogare viene svolta dalle banche sempre, a prescindere. La circostanza che si chieda un mutuo più basso offrendo una garanzia su un bene di valore superiore (perché già pagato in parte) è la norma e non costituisce affatto l’elemento discriminante del sistema bancario che lo spinge a concedere o no un mutuo.
Certo la capienza dell’ipoteca è importante, ma questa capienza la banca la chiede sempre e non è mai successo che un istituto abbia erogato un mutuo con un immobile in garanzia dal valore insufficiente.
Forse in altri paesi ciò sarà pure successo, ma da noi (almeno ufficialmente) no, sicché l’abbattimento del valore del prestito da richiedere nei confronti del valore dell’immobile da dare in garanzia non è certo l’elemento determinante per la concessione del mutuo.

Carenza di garanzie per il venditore

Sono invece assolutamente carenti le garanzie del venditore.
All’estero, probabilmente, quando il locatario smette di pagare il canone di affitto il meccanismo giuridico consente una rapida ed efficiente soddisfazione dei diritti del proprietario: arriva dopo pochi giorni la Polizia con dei facchini e libera l’appartamento mettendo tutti i mobili dell’inquilino in strada, intimandogli di liberare il suolo pubblico entro 24 ore.

Da noi non è affatto così.

Sicché se il promissario acquirente/effettivo locatario dell’immobile il mese dopo la stipula dei due contratti che costituiscono il “Rent to Buy” smette semplicemente di pagare sia la somma per acconto prezzo sia la somma a titolo di locazione, il venditore si troverebbe senza danaro e senza immobile, costretto a investire ingenti somme in lunghe e faticose cause che gli potranno far ritornare il possesso dell’appartamento dopo molti anni. Se tutto va bene.

Questo è il vero problema che stronca qualsiasi utilizzazione del “Rent to Buy” in Italia.
Il promissario acquirente/locatario è ampiamente tutelato dal preliminare trascritto per quanto riguarda l’acquisto e dalla legge per quanto riguarda la sua locazione, ma di fatto il venditore è assolutamente privo di tutela.
Sicché se l’acquirente/locatario non compie il suo dovere, il venditore non solo non incassa un euro, ma deve spenderne parecchi per potersi riprendere il possesso dell’immobile incautamente affidato.
E questi costi di carattere legale dovuti alle spese per le procedure, e al lungo tempo che è necessario per ottenere giustizia, sono tali che elidono anche l’eventuale versamento a titolo di caparra confirmatoria al momento della stipula del “Rent to Buy”, o l’eventuale pagamento regolare di un certo numero di rate.
Ecco perché lo scrivente, in quei pochi casi in cui ha avuto richieste di consiglio relativamente al nuovo istituto ha scoraggiato vivamente di intraprendere questa strada, ovviamente con riferimento al “Rent to Buy” originale, e cioè quello che fa decadere assieme locazione e acquisto in caso di non pagamento, in quanto nulla vieta che l’autonomia delle parti (e l’interesse) possa consigliare di elaborare istituti di locazione/acquisto variamente combinati che seguono altre logiche diverse dal “Rent to Buy” classico.
Se, ad esempio, il venditore non ha interesse che in caso di non conclusione dell’acquisto il locatario liberi l’appartamento il discorso cambia radicalmente

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